Home Digital Transformation Con i Big Data siamo tutti scienziati sociali. O no?

Con i Big Data siamo tutti scienziati sociali. O no?

by Rossella Guido
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Le informazioni vengono prodotte e archiviate senza precedenti nella storia umana, la possibilità di osservare e misurare il comportamento umano senza fare domande dirette è una realtà.

E’ vero: i Big Data offrono l’opportunità per conoscere quantità di dati che erano irrealizzabili solo pochi anni fa, poter porre domande causali e creare nuove teorie che in precedenza sarebbero state impossibili (Monroe et al., 2015).

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Per fornire davvero risposte ai maggiori problemi della società, il valore aggiunto è un’attenta progettazione della ricerca e l’implementazione creativa di tecniche statistiche: scienza sociale e computer science insieme.

C’è molto lavoro da fare per esempio nella stima degli effetti causali (Roberts et al., 2014)
e ci sono anche numerose opportunità per combinare il design sperimentale con
algoritmi di apprendimento automatico per capire quanto il trattamento dei dati influenzi la risposta.

Vanno superati problemi di ordine teorico-metodologici. Come destreggiarsi infatti tra codifiche algoritmiche e interpretazione dei dati, in una continua ricorsività tra numeri e parole, ‘preservando’ la finalità di comprensione dei fenomeni sociali, senza limitarsi unicamente ad automatismi computerizzati? E’ ciò che si chiede Valeria Pandolfini nel suo libro Il sociologo e l’algoritmo. L’analisi dei dati testuali al tempo di Internet. 

I contributi dei Big Data alle scienze sociali hanno permesso quindi da un lato il riutilizzo e l’analisi su vasta scala di dati raccolti in precedenza, dall’altro la possibilità di osservare e misurare il comportamento umano senza fare domande dirette, limitandosi ad analizzare le tracce che le persone lasciano in Rete.

Pensiamo ai casi in cui attraverso la rielaborazione di dati si giunge a risultati che in alcuni casi ribaltano intere teorie: uno degli studi più citati è quello dello psicologo americano Brian M. D’Onofrio, che ha rielaborato 50 mila dati relativi allo status di salute e alle fedine penali di altrettanti giovani svedesi. Il lavoro di D’Onofrio ha ribaltato decenni di studi precedenti sulla presunte correlazione tra il fumo in gravidanza e una maggiore incidenza della delinquenza giovanile: non esiste alcun rapporto di causa-effetto; le ricerche precedenti erano state condotte su campioni troppo piccoli per stabilire una correlazione a parità di altri fattori.

Illuminante è il libro “Dataclysm: Who We Are When We Think No Ones Looking” di Christian Rudder, fondatore del popolare sito di incontri OkCupid e del blog OkTrends; la sua è un’indagine audace, irriverente sul comportamento umano: poiché oggi viviamo buona parte delle nostre vite online, i ricercatori possono finalmente osservarci direttamente, in gran numero e senza filtri. Gli scienziati dei dati sono diventati i nuovi demografi.

I “Like” di Facebook possono predire, con sorprendente accuratezza, l’orientamento sessuale e persino l’intelligenza di una persona.

Esaminando le nuove dinamiche della rabbia su Twitter, l’autore mostra come le persone si esprimano, sia privatamente che pubblicamente; come suggerisce la copertina, Dataclysm è un nuovo modo di vedere noi stessi in una brillante alchimia, in cui

la matematica è resa umana e i numeri diventano la narrazione del nostro tempo.

Affinché i Big Data siano utili, dobbiamo quindi attingere alla base di conoscenze su cui si sono formati gli scienziati sociali in modo da utilizzare più efficacemente gli strumenti quantitativi per risolvere i problemi sociali.

Riconoscere il valore delle scienze sociali porterà a una fruttuosa collaborazione dove
gli scienziati sociali possono avere un ruolo fondamentale:
applicare solo tecniche statistiche a enormi set di dati non è sufficiente, utilizzare invece l’esperienza di gestione ed osservazione di dati e la capacità d’interpretazione potrà davvero rendere i Big Data rivoluzionari.


Riferimenti:

“Il sociologo e l’algoritmo. L’analisi dei dati testuali al tempo di Internet”. Valeria Pandolfini, Franco Angeli, 2017.

“We Are All Social Scientists Now: How Big Data, Machine Learning, and Causal Inference Work Together”.  Justin Grimmer , Stanford University,  PS Political Science, January 2015

“No! Formal Theory, Causal Inference, and Big Data Are Not Contradictory Trends in Political Science ”.  Monroe , Burt L. , Jennifer Pan , Margaret E. Roberts , Maya Sen , and
Betsy Sinclair . PS Political Science and Politics, 2015

“Structural Topic Models for Open-Ended Survey Responses”. Roberts , Margaret E. et al. 2014 . American Journal of Political Science . DOI 10.1111/ajps.12103

“What Big Data Means For Psychological Science”. Association for Psychological ScienceObserver Magazine, 2014

“Dataclysm: Who We Are (When We Think No One’s Looking)”. Christian Rudder, Crown Publishing Group (NY), 2014

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